Liber de pomo, o della morte di Aristotele. Edizione del volgarizzamento aretino (ms. Paris BNF It. 917)
Il "Liber de pomo" è un dialogo latino della seconda metà del XIII secolo, che mette in scena l'ultimo incontro di Aristotele con i suoi allievi e la morte del filosofo. L'operetta è preceduta da un'epistola prefatoria di Manfredi di Svevia, il quale dichiara di aver tradotto per la prima volta il testo in latino a partire da un originale ebraico. Nonostante l'evidente carattere apocrifo, il "De pomo" circola nel medioevo sotto il nome di Aristotele e finisce per essere incluso nel corpus delle opere dello Stagirita, con un successo testimoniato dall'ampio numero di copie manoscritte (oltre 120). Sono note anche alcune traduzioni medievali del "De pomo" nelle lingue romanze: la più antica è un volgarizzamento aretino anonimo della fine del Duecento, scoperto da Fabio Zinelli nel manoscritto Parigino It. 917 e finora rimasto inedito. Esistono anche una traduzione catalana e una castigliana, entrambe anonime e risalenti al XV secolo, pubblicate da Jaume Riera i Sans (1981) e Francisco Bautista (2015). Il volume propone la prima edizione critica e commentata del volgarizzamento aretino del "Liber de pomo", con un ampio capitolo di analisi linguistica e uno studio filologico che ricostruisce la tradizione del testo. Ne risulta confermata la vivacità culturale di Arezzo nel tardo medioevo: sede di un'università, la città è anche patria di Guittone, il principale rimatore toscano prima di Dante, e di quel Restoro che scrive il più importante trattato scientifico vernacolare del Duecento, "La composizione del mondo colle sue cascioni", la cui lingua ha notevoli elementi in comune con quella dei testi del codice Parigino. Premessa di Luca Serianni.
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