«Natura lapsa» e peccati di ignoranza nell'antropologia di Agostino
Quale ruolo riveste l'ignoranza umana nella visione antropologica di Agostino? In queste pagine, attraverso la lettura delle diverse risposte alla domanda: Quid et unde malum?, si delineano le molteplici accezioni che la nozione di ignoranza assume nella speculazione agostiniana sulla sofferenza dell'uomo e sul problema della salvezza. L'idea di ignoranza contempera una molteplicità di significati e, accanto all'altrettanto complessa nozione di concupiscenza, concorre, nel pensiero agostiniano, a descrivere l'infirmitas dell'uomo caduto. Nelle riflessioni antropologiche Agostino tende a considerare prevalentemente l'ignoranza come conseguenza del peccato: sia dei peccati personali che si commettono sia del peccato originale. Tuttavia è la speculazione sui peccati di ignoranza che porta in primo piano il ruolo di questa pena che affligge l'uomo. Infatti non soltanto la tensione interna della volontà, ma anche l'inadeguata conoscenza di Dio e delle norme di giustizia condannano l'uomo caduto a peccare anche quando vorrebbe agire rettamente. Essa rientra quindi a pieno titolo tra le nozioni centrali dell'antropologia agostiniana, in particolare degli anni della maturità, che descrive un uomo gravato dal retaggio penale della trasgressione dei progenitori e bisognoso di Dio per ottenere la salvezza. Colui che trasgredisce la legge divina infatti è colpevole, anche se ciò avviene per l'ignoranza del precetto e questo vale anche per gli esclusi dalla predicazione evangelica. Coloro che non si convertono infatti non possono ricevere il perdono dei peccati: del peccato originale che deriva a tutto il genere umano a causa del peccato di Adamo e dei peccati personali eventualmente commessi, essendo così rei e degni della dannazione. Si possono notare nei testi della maturità agostiniana alcune riflessioni sull'universale colpevolezza del genere umano a causa del peccato di Adamo e sulla conseguente condizione di infirmitas morale e intellettuale. Questo comporta che la salvezza per fede, ovvero la chiamata divina che fa dono della fede all'uomo, sia del tutto irrelata alla capacità cognitiva del soggetto. L'esempio che rende evidente il valore di questa affermazione è il caso di quegli uomini che, per quanto concerne le loro facoltà razionali, sarebbero pronti a convertirsi qualora si trovassero di fronte a opere che risvegliassero in loro la fede in Dio, ma, non accadendo ciò, sono destinati ad appartenere alla massa perditionis. L'esempio evangelico di questa indecifrabilità della volontà divina che sceglie a chi rivelare la via di salvezza è quella delle città di Tiro e di Sidone.
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