Equus in fabula. Immagini del cavallo tra mito, arte, letteratura

Equus in fabula. Immagini del cavallo tra mito, arte, letteratura

Gli uomini, che per millenni hanno usato i cavalli, impossessandosi della loro forza e della loro bellezza, ne sono stati, in realtà, essi stessi posseduti. Inseparabili compagni di viaggio e di erranze, in pace e in guerra, i cavalli hanno finito con l'abitare nei sogni degli uomini: di quei sogni sono intessuti i miti, le storie, i racconti, le fabulae antiche in cui uomini, cavalli e dei si incontrano, ancora oggi, intessendo la trama di un comune destino, rivelando, per indizi e frammenti, il vincolo potente che li lega. Nel nostro immaginario i cavalli sembrano essere ubiqui, onnipervasivi. Sono corpi trasfigurati, corpi chimerici che volano, piangono, parlano, profetizzano; enigmatici operatori di destino, sono animali-guida apocalittici o salvifici. Nella realtà dei loro corpi fisici, che ne sottende osmoticamente ogni trasfigurazione estetica, i cavalli, inoltre, muovendosi, sembrano danzare, secondo ritmi e armonie riconoscibili. L'arte dell'equitazione, ovvero l'equitazione come forma d'arte, codificata nei trattati rinascimentali in cui si legge che "la musica è diletta al cavallo", è pertanto un'arte intrinsecamente musicale. Il buon cavaliere deve avere orecchio, come un esperto musicista, affinché il suo corpo si possa accordare al corpo del cavallo, e "andare a tempo": solo così diviene allora artista-centauro, un ibrido uomo-cavallo con "un' istesso corpo, di un senso, et di una voluntà", un'opera d'arte vivente.
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