Vates operose dierum. Studi sui fasti di Ovidio
La tensione fra genere elegiaco ed epico; la rilettura, spesso ironica e trasgressiva, del mito; il costante dialogo a più voci con l'intertesto; l'approccio relativistico nei confronti della tradizione: tutto ciò rende i Fasti di Ovidio un poema di straordinaria vitalità, un "calendario polifonico" in cui il vates operosus dierum rifonda e ricrea il tempo di Roma, intessendo una sottile, ambigua trama di tradizione e di sperimentalismo e offrendo un'immagine di Roma più duttile e più moderna, in una voluta oscillazione tra adesione all'ideologia del potere e polemica rottura con l'ordine costituito. In linea con la rinascita di interesse per l'opera calendariale del poeta di Sulmona, il presente volume mira a porre l'attenzione, attraverso i diversi saggi che lo compongono, su aspetti significativi dell'opera, dalla riscrittura del mito e della tradizione all'intertestualità fino alla nuova, "pacifica", identità della Roma di Augusto modellata dalla sapiente mano del poeta. La "modernità" dei Fasti, che si rivela pienamente nella fortuna del poema attraverso i secoli, innerva anche la seconda parte del volume, dedicata ad una breve storia della "tradizione" dell'opera, allo scopo di attirare l'attenzione sul ruolo, non di secondo piano, svolto dai Fasti nella cultura e nella letteratura successive, a partire dall'età Flavia e dalla lirica di Stazio fino al Medioevo e al Rinascimento, per giungere nel pieno dell'età moderna con la filologia e l'antiquaria del Settecento.
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