La vacanza morale del fascismo. Intorno a Primo Levi
Il pensiero, le parole, la testimonianza di Primo Levi sono un paradigma di etica senza moralismo. Già nel 1961, anno di pubblicazione della tavola rotonda sulla questione ebraica che qui riproponiamo, è riconoscibile l'atteggiamento fondamentale di Primo Levi. Si tratta di un'intervista-questionario rivolta, oltre che a Primo Levi, ad altri intellettuali italiani quali Remo Cantoni, Francesco Carnelutti, Cesare Musatti. Un confronto significativo che riesce a "mettere ancora più in luce e giudicare severamente le assurdità e le aberrazioni cui può portare l'anticristiano e antiumano odio razziale". Ed è proprio l'espressione "l'ambiguo clima di vacanza morale che è stato instaurato dal fascismo" che Levi sceglie per metterci in guardia dal rischio delle dimenticanze e dei revisionismi, contro l'abuso di potere, contro ogni culto del capo che nutre in sé il germe della violenza, del sopruso, delle menzogne contro le verità della storia. Questo monito non rappresenta soltanto il dovere della testimonianza di un ex deportato, ma una pratica etica faticosa, ammirevole, dolorosa. Un atto esemplare che apre ad una prospettiva che va ben oltre l'esperienza personale. All'esempio di Levi fanno eco le parole dell'amico Ferruccio Maruffi con cui questo libro si chiude. E una lettera immaginaria scritta a Primo Levi, qualche anno dopo la sua scomparsa.
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