Una storia della mente ovvero perché non vediamo con le orecchie

Una storia della mente ovvero perché non vediamo con le orecchie

"'Penso, dunque sono' è la frase dell'intellettuale che sottovaluta il maldidenti". In questa battuta, rubata all'amato Milan Kundera, Nicholas Humphrey condensa la sua risposta all'enigma che da secoli infervora generazioni di filosofi, psicologi, linguisti e studiosi d'intelligenza artificiale: il mistero della coscienza.Capovolgendo l'antico pregiudizio che vedeva nel dominio della ragione sui sensi il fulcro dell'esperienza cosciente, Humphrey avanza una delle proposte scientifiche più originali e suggestive degli ultimi decenni: non dal pensiero e dalle sue leggi sistematiche discende la nostra condizione di esseri intelligenti, bensì dalla capacità di provare sensazioni lungo la sottile membrana di confine tra noi e il mondo esterno."Sento, dunque sono" allora. Il profumo di una rosa, il tocco di una mano, il colore dell'arcobaleno: quale ricchezza e varietà queste sensazioni sono in grado di raggiungere, perchè percepiamo il dolore proprio sulla pelle e il gusto sulla lingua, e perché non potremmo sentire con gli occhi e vedere con le orecchie?
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