Memorie di un baro
Nessuno meglio di Sacha Guitry, scrive Edgardo Franzosini, è stato in grado di incarnare «un certo esprit ... tutto parigino, fatto nella vita quotidiana di leggerezza, di impertinenza, di vanità, e a teatro di dialoghi fluidi e intrighi deliziosi». Persino per l’incontentabile e beffardo Paul Léautaud ogni nuova commedia di Guitry era «una sorpresa, un incanto». Capace di rappresentare il gioco dell’amore e della seduzione in tutte le sue possibili variazioni, dotato, come Lubitsch, di un suo specialissimo «tocco», Guitry fu apprezzato dai critici della Nouvelle Vague, e in particolare da Truffaut, che vedeva in lui un «autore completo». Nella sua immensa produzione, Memorie di un baro è l’unico romanzo e, come scrive ancora Franzosini, «con il suo humour nero, il suo sorridente cinismo, la sua amoralità, le sue frasi rapide ... ha la grazia scintillante di un apologo» destinato a celebrare il piacere del gioco. Le esilaranti avventure del protagonista – il quale, avendo perduto l’intera famiglia a causa di un piatto di funghi, comincia la sua carriera come groom in un albergo di lusso, per intraprenderne poi una decisamente più fruttuosa nei casinò di mezza Europa – sono narrate da Guitry con malizioso candore, cercando la complicità del lettore, il quale non potrà, a sua volta, che trovarle un puro incanto.
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