Conversazioni con zio Willie

Conversazioni con zio Willie

"Willie era senza dubbio il più celebre autore vivente. Con ogni probabilità era anche il più triste". Nonostante l'attacco, il libro che Robin Maugham nipote di Somerset e romanziere in proprio - ha dedicato allo zio è uno dei ritratti di scrittori più convincenti, utili e anche spassosi che siano mai stati pubblicati. E lo è per una ragione molto semplice: nella forma della conversazione - qui restituita con impressionante fluidità - Maugham dava il meglio di sé, alternando momenti di candore ("Sono bisessuale, ma per un fatto di reputazione non è che lo vado a strombazzare in giro") a pillole di saggezza ("Ho sempre sognato di scrivere una grande commedia, cioè un dramma che avesse un inizio, una parte centrale e una fine"), giudizi taglienti ("Noel Coward aveva poco talento, ma l'ha sfruttato fino all'osso") a grandi storie, cui Maugham ricorre ogni volta che sul viso del nipote vede affacciarsi un'ombra di scetticismo. Può trattarsi di un pettegolezzo mondano, di un aneddoto su Aleister Crowley o di un episodio inedito, come l'ambasceria affidata a Maugham da Kerenskij dopo la rivoluzione di febbraio, e destinata a Lloyd George: non importa, così come non importa che i fatti siano o no realmente accaduti - ciò che conta è che ogni volta il lettore ha la sensazione di scoprire un romanzo in miniatura dalla firma inconfondibile.

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