Il gene agile. La nuova alleanza fra eredità e ambiente

Il gene agile. La nuova alleanza fra eredità e ambiente

C'era una volta il dogma centrale della biologia: solo il fenotipo, cioè l'animale già formato, poteva "apprendere", e quindi solo nel processo di sviluppo l'ambiente poteva agire. Non che oggi il dogma sia stato ritrattato, ma si sono acquisite in merito immense conoscenze, e le modalità dell'espressione genica sono state riconsiderate in maniera radicale. La conseguenza è che, a quanto pare, l'ambiente ha presa sull'intero processo di espressione genica. Il vero "programma" della vita, il "macchinario" che esegue materialmente la trascrizione e l'espressione genica, è aperto alle influenze esterne. Dopo decenni di dispute sempre più aspre e ripetitive sulla contrapposizione tra eredità e ambiente, gli schieramenti rivali degli "innatisti" - sostenitori dell'esistenza, nell'uomo, di un nucleo arcaico scarsamente modificabile con l'esperienza - e degli "empiristi" - invariabilmente antidarwiniani in nome di un'idea di progresso - si trovano spiazzati di fronte a fatti che dimostrano come tale dicotomia non abbia basi oggettive. E' quanto emerge da questa indagine garbatamente rivoluzionaria dell'èra post-genomica della biologia: indagine ampia, che spazia tra la genetica della malattia mentale e il comportamento criminale, l'enigma del libero arbitrio e l'origine dell'omosessualità. E dove l'autore, con effervescente intelligenza, riassume l'annoso confronto e individua la nuova eccitante prospettiva: in ogni essere umano sono presenti l'espressione delle emozioni di Darwin e l'eredità di Galton, gli istinti di James e i geni di De Vries, i riflessi di Pavlov e le associazioni di John Watson, la storia individuale di Kraepelin e l'esperienza formativa di Freud, la cultura di Boas e la divisione del lavoro di Durkheim, lo sviluppo di Piaget e l'imprinting di Lorenz. Nessuna spiegazione della natura umana che prescinda da uno solo di questi aspetti può dirsi completa. Tuttavia - ed è qui che Ridley si muove su un territorio inesplorato - è del tutto "fuorviante collocare questi fenomeni lungo un continuum esteso dalla natura alla cultura, da ciò che è genetico a ciò che è ambientale. Piuttosto, per comprenderli tutti, nessuno escluso, occorre comprendere i geni"."La scoperta dei reali meccanismi grazie ai quali i geni influenzano il comportamento umano, e di come il comportamento umano influenzi a sua volta i geni, ci costringe a reimpostare il dibattito in chiave del tutto nuova. Non si tratta più di contrapporre eredità e ambiente - non più "nature versus nurture" -, ma di considerare invece come la prima si esprima attraverso il secondo: "nature via nurture". I geni sono fatti per raccogliere i suggerimenti dell'ambiente. Per comprendere che cosa sia accaduto nell'arena del dibattito, dovremo aprire la nostra mente e abbandonare idee che teniamo in grande considerazione. Dovremo entrare in un mondo nel quale i geni non sono burattinai che muovono i fili del nostro comportamento, ma piuttosto burattini alla mercé di quel comportamento; un mondo in cui l'istinto non è opposto all'apprendimento e a volte le influenze ambientali sono meno reversibili di quelle genetiche; ancora, un mondo dove la "natura" incontra l'ambiente, l'esperienza e la cultura".
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