De mundo pessimo
"Nello spirito vi sono ancora continenti da conquistare, scoperte e grandi viaggi" si legge in una delle pagine di questo libro, dove sono raccolti scritti che Sgalambro definisce con brillante sprezzatura "'parerga' che precedono, anziché seguire, un sistema ancora inesistente". E il viaggio cui ci invita "scalando le vette della metafisica e buttandosi poi giù a capofitto" - è più aspro che mai. Da Sgalambro, d'altra parte, il lettore si aspetta non già un sistema, ma schegge vulcaniche, che qui si presentano sotto forma di brevi trattati: da "De mundo pessimo", (in cui la vulgata pessimista viene sottoposta a una critica radicale, in modo da sottrarre ai pessimismo quel "troppo umano" concernente solo la 'vita' e individuare così il 'pessimum' della totalità) al "Dialogo sul comunismo" (dove si oppone alle concezioni correnti l'idea di un "comunismo metafisico"); da "De coelo" (in cui Sgalambro torna sui temi che innervano la "Morte del sole", il libro che lo rivelò) a "Della filosofia geniale" (dove, muovendo da Schopenhauer, "si pone il problema se la filosofia non debba essere sottratta all'università e restituita al 'genio'") a "Contro la musica" (nel quale si prendono le distanze dalla tradizione concettuale che fa capo a Bloch e Adorno per gettare le basi di "una critica dell'ascolto") - per concludere con una "Lettera sull'empietismo e su un recente progresso della teologia", che riprende e sviluppa uno dei motivi fondamentali del pensiero di Sgalambro. "Scricchiola in qualche modo l'impalcatura che il mio spirito si è dato in tutta la vita" dice l'interlocutore del filosofo nel "Dialogo". E non saranno pochi a condividere questa percezione.
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