L'uomo che amava i bambini

L'uomo che amava i bambini

Le famiglie, com'è noto, fra le altre cose generano mostri - e talvolta da mostri vengono distrutte. Forse a questa verità generale siamo preparati: molto meno alla constatazione che possano esistere mostri come Sam, in apparenza il più tenero, sorridente, affidabile dei mariti e dei padri. Per parlare con i suoi figli, e per attirarli a sé, Sam è disposto a tutto, anche a inventare una sua personalissima versione della lingua artificiale e orribilmente dolciastra con cui gli adulti spesso immaginano che i bambini amino comunicare. Eppure, in questo caso il trucco va a segno, e il lessico familiare, luccicante e perverso di Sam trascinerà inesorabilmente in un gorgo patologico e autodistruttivo prima la moglie Henny, poi i sette ragazzi nati dal matrimonio. "L'uomo che amava i bambini", l'opera per la quale Christina Stead viene considerata una narratrice fra le più potenti delle ultime generazioni, non è certo il primo tentativo di sottoporre a dissezione il corpo della famiglia - ma è senz'altro, dal punto di vista romanzesco, uno dei pochi destinati a restare. Ed è soprattutto un libro, come ha scritto Randall Jarrell, in cui il lettore non può fare a meno di chiedersi, quasi a ogni pagina: "Ma come ha fatto a sapere tutte queste cose - 'di me'?". Con un saggio di Randall Jarrell.
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