Il retaggio

Il retaggio

Basta aprire questo libro per sentire subito che, anche in pieno Novecento, il romanzo familiare, con tutti i suoi apparati cigolanti di intrecci e vicissitudini, poteva raggiungere la felicità della perfezione - e di una specie così improbabile da suscitare nel lettore una preziosa e irragionevole euforia (un po' come accadde, negli stessi anni Cinquanta, ai primi lettori del "Gattopardo"). A Sybille Bedford, di fatto, come agli archeologi più fortunati, è accaduto di partire alla ricerca di un mondo - e di ritrovarlo, oltre una certa porta, miracolosamente intatto. La porta che varchiamo nel "Retaggio" si apre su una scena ormai sorprendentemente esotica: la Germania di fine Ottocento, con la sua opulenza terriera e finanziaria, le aspre tensioni sociali, il presagio di una catastrofe lontana ma già palpabile - e in particolare su tre famiglie, unite da divergenti tradizioni aristocratiche e separate da irreali visioni del futuro. La prima è costituita da solidi 'rentiers' ebrei di Berlino, nel cuore del Nord prussiano e protestante; le altre due appartengono "a realtà discordi del Sud cattolico: l'una sonnolenta, rurale, volta al passato; l'altra ossessionata da sogni ecumenici di dimensioni europee". A unirle provvederanno due matrimoni e uno scandalo. Ma, come gli archeologi sanno bene, i mondi sottratti all'ingiuria del tempo, per non sgretolarsi, vanno sigillati. In queste pagine accade invece che su tutto - sulla galleria di personaggi di incantevole eccentricità, sullo sconvolgente segreto che ne suggella la sorte, sui dialoghi incalzanti e magnificamente orchestrati - passi il vento ilare e turbinoso dello stile di Sybille Bedford, che accompagna e accelera la dissoluzione del mondo appena rivelato, fissandolo al tempo stesso, per sempre, nella memoria del lettore.
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