Wagner l'oscuro
Non è possibile scrivere oggi su Wagner senza fare i conti con due formidabili pamphlet contro Wagner: "Der Fall Wagner" di Nietzsche e quel "Versuch uber Wagner" di Adorno che ha a lungo scompigliato le carte della critica. Ma non solo: bisogna fare i conti anche con il wagnerismo e i wagneriani - temibile genia, questi ultimi, di laudatori genuflessi nella devozione. Infine: è impossibile ascoltare oggi Wagner se non attraverso ciò che è accaduto alla musica del Novecento. Bortolotto accetta la sfida e, dopo aver sgombrato il terreno da apologeti e denigratori, ci lascia intravedere, dietro la facciata magniloquente e un po' kitsch, dietro la spudorata seduzione e la possente 'facilité' delle soluzioni musicali e drammatiche, un Wagner insospettato e sorprendente, dalle sfaccettature multiple e solo apparentemente inconciliabili. C'è un Wagner mitopoietico, capace per primo di dar voce al mito in musica e di raggiungere l'incandescenza del cromatismo; c'è un Wagner 'supremo 'farceur'', ci suggerisce ad esempio Bortolotto, quello che può sostenere ogni sorta di provocazioni, dichiarare la Cappella Sistina "una mostruosità" e, tra i greci, amare Aristofane più dei tragici; c'è un Wagner lettore di Schopenhauer e delle Upanisad, che può osservare la 'décadence' "da vicino, senza paura" e affermare: "l'ipotesi di una degenerazione della stirpe umana, per quanto contraria all'ottimistica fiducia in un continuo progresso, potrebbe essere la sola tuttavia, se seriamente considerata, in grado di aprirci l'animo a una ben fondata speranza"; e c'è un Wagner, come scriveva lo stesso Nietzsche, "che mette da parte piccole, preziose cose ... Un lessico delle più intime parole ... soltanto brevi cose da cinque a quindici battute, tutta musica che nessuno conosce". Appunto al Wagner che nessuno conosce ci consente finalmente di accostarci questo libro magistrale di Mario Bortolotto.