Quest'anno a Gerusalemme
Sessant'anni prima di diventare Barney Panofsky, il piccolo Mordecai Richler di sabato non poteva accendere o spegnere la luce, rispondere al telefono o ascoltare la radio. Nei giorni che precedevano lo Yom Kippur faceva roteare una gallina sopra la testa per scaricare sul terrorizzato animale tutti i peccati dell'anno trascorso. A tredici anni, quando ormai è diventato un apikoros, un miscredente, si converte alla fede laica, socialista e sionista degli Habonim, i Costruttori, ansiosi di approdare quanto prima in Palestina e fondarvi uno stato ebraico. Alla fine, Richler non emigrerà nella Terra Promessa. La visiterà due volte, nel 1962 e nel 1992, e incontrerà turisti americani di mezza età, coloni del West Bank, giornalisti dissidenti, fondamentalisti cristiani in trepida attesa della battaglia nucleare fra il Messia e l'Anticristo nella piana di Armageddon, vecchi compagni degli Habonim. Questo libro è il romanzo - intessuto di ricordi, rimpianti, incontri casuali, telefonate nella notte, dolorose rivelazioni - di una giovinezza e delle amicizie perdute. È un reportage che parla di pace, guerra, territori occupati, intifada, antisemitismo (anche in una sua imprevedibile variante: quello degli israeliani nei confronti degli ebrei americani). È, a suo modo - il modo ironico e disincantato a cui ci ha abituato Richler -, una specie di anticipazione di quello che sarebbe successo, in Israele e nel mondo, in questi anni, e che succederà ancora. Ma anche una analisi illuminata della situazione, non priva di alcuni suggerimenti politici che soltanto oggi affiorano nel dibattito. "Quest'anno a Gerusalemme" è stato pubblicato per la prima volta nel 1994.
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