E allora siamo andati via
Questo romanzo è lo strano frutto della più antica e persistente attrazione americana, quella per la strada, il viaggio, il deserto. C'è una famiglia che si sposta dal Texas al Michigan, portando con sé la bara dell'ultimo nato e cercando, lungo il cammino, di barattare gli oggetti di cui la macchina è stipata. Ci sono gli esterni che sceglierebbero David Lynch dovendo girare, oggi, "Furore": statali polverose, villaggi fantasma, case abbandonate con le porte che sbattono, sinistre, nel vento. E ci sono due bambini, che con pochissime parole raccontano, alternandosi, una storia in apparenza elementare. Ma subito le strofe di questa filastrocca metallica e stridente ci trasportano in un paesaggio allucinato, che non sappiamo più se sia l'America profonda, la Terra dei morti o un qualche terrificante stadio intermedio fra le due. E solo a libro chiuso, e a occhi finalmente riaperti, capiremo dove ci abbia portato questa fuga a due voci vishiosa, selvaggia e tutt'altro che innocente.
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