La presenza di Siva
Narra uno dei più antichi miti indiani che, agli albori di un mondo ancora sospeso nell'eternità, Prajapati, il Progenitore, preso da irrefrenabile bramosia, si accoppiò con la figlia Usas, l'Aurora. Fu allora, nell'attimo immobile e silenzioso che precede ogni creazione, che un terzo attore, testimone oscuro dell'evento, apparve per la prima volta sulla scena: Rudra, l'Arciere, il custode dell'Increato. Mirando con studiata crudeltà all'atto procreativo che avrebbe frantumato l'integrità indistinta del pleroma, con un grido egli scagliò la sua freccia. Mai gesto fu più carico di conseguenze. Ferito all'inguine, il Progenitore sparse a terra il seme - quel seme che lo stesso Rudra, in quanto Agni, in quanto Fuoco, aveva preparato e fatto maturare. Nacquero allora il tempo e la moltitudine degli esseri.Già qui, ai primordi della civiltà indiana, Rudra, mostrandosi in tutta la sua ambivalenza di guardiano della pienezza originaria e responsabile del suo riversarsi nella creazione, lascia intravedere i contorni di quello che in epoca classica sarebbe divenuto Siva, il Signore dello Yoga, luogo di tutti i paradossi, coscienza capace di abbracciare nella sua intensità estrema l'uomo e il molteplice, l'eternità e il tempo. Pubblicato nel 1981, "La presenza di Siva" può essere considerato come la 'summa' di Stella Kramrisch, a cui già si dovevano fondamentali studi sull'arte e sui templi indiani. Mai come in questo libro la Kramrisch è riuscita a ricostruire dall'interno la vasta articolazione del pensiero mitico ed esoterico indiano, che proprio attraverso l'inesauribile figura di Siva raggiunge la più alta e soggiogante 'presenza'.
Momentaneamente non ordinabile