Il gineceo
Chi sia Mehmet Gayuk è un mistero che si aggiunge ad altri misteri: nato sul Bosforo intorno al 1891, sarebbe morto verso il 1940, dopo aver vissuto nell'ombra, da modesto funzionario statale, ignaro di aver scritto un capolavoro. Ma sarà mai esistito, il 'poète inconnu'? Poco importa, in realtà - almeno se un tale poeta ha la ventura di incontrare un traduttore magistrale come Guido Ceronetti. Perché fin dai primi versi il lettore viene afferrato in una rete inestricabile di malie: Gayuk, scrive Ceronetti nel suo saggio introduttivo, è "un innamorato delle donne, un loro cantore appassionato... è intenso, rovente, i suoi versi attestano un'irriducibile inclinazione per l'irritabile specie muliebre, un lungo svolazzare di insetto attorno alla misteriosa lampada carnivora". Fuori, la Storia insanguina le sponde del Mar Nero, mentre fra le chiuse mura del Gineceo, dal quale provengono bisbigli ed echi sommessi di canzoni tristi, vivono le donne cantate da Gayuk, "quelle segnate dall'Eros, in grado di accendere fuochi di poesia e di desiderio: le donne in cui l'eterno Modello si incarna".
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