Pericle il nero
"Il mio padrone è Luigino Pizza, che tutti lo chiamano così a causa delle pizzerie... Io mi chiamo Pericle Scalzone...Di mestiere faccio il culo alla gente". Così comincia "Pericle il Nero", primo romanzo di un autore che ha alle spalle una scuola severa di sceneggiatore di fumetti e una vita a dir poco avventurosa - che racconta però malvolentieri, preferendo raccontare storie. Questa di Pericle è un impeccabile noir, girato come un buon film americano degli anni Quaranta, con un ritmo secco, un plot che non perde un colpo e personaggi che hanno uno spessore del tutto ignoto ai cliché imposti dal genere: Pericle, l'uomo-cane che diventa uomo e acquisisce consapevolezza di sé attraverso il rifiuto delle regole del suo mondo e l'incontro con una strana donna; e questa donna, Nastasia, la polacca finita a lavorare a Pescara in una fabbrica di copertoni, che se lo porta a casa e se lo porterà, forse, anche più lontano; e Signorinella, la temibile e potentissima sorella del boss Ermenegildo Coppola, capo delle supplicanti di San Gennaro, che, "quando parlava di uccidere, si metteva le mani sulla faccia perché non le piaceva e diceva che tutti sono figli di mamma"; e gli altri, attori e comparse delineati con pochi tratti precisi, in una lingua asciutta ma venata delle coloriture, talvolta inattese e sempre misuratissime, del parlato popolare.