Dall'inferno
Insieme incuriosito e angosciato dalla supposizione di esser morto ("per estenuazione" o "per un cedimento dell'anima"), il consueto, metaforico Soggetto dei libri di Manganelli si trova questa volta nel luogo estremo per definizione; in un inferno o meglio in un aldilà dai tratti sfuggenti e contraddittori, un universo dal "tepore malato e torbido" ove un frastornante alternarsi di tenebre assolute e di luci gelide da sala operatoria riveste il laborioso, incessante trasmutarsi di città inospitale e di spazi indecrittabili. Nella sua corsa ossessiva, tale Soggetto è guidato non da un rassicurante Virgilio ma da un cerretano logorroico, petulante e sottilmente sadico; non dal sorriso di Beatrice ma da una bambola-parassita che lo stesso cerretano ha inoculato nel suo corpo; e nelle sue peregrinazioni si imbatte non già in dannati afflitti da pene esemplari ma in creature ibride, sottocreature o brandelli di creature prigioniere di un'oscura malia metafisica, come fantocci smembrati il cui sguardo esprime un'orrore afono' o 'minuti esseri' - dalla forma di nasi, orecchie, testicoli, labbra, piedi - che fuggono "come insetti per ogni dove".Fra i romanzi di Manganelli "Dall'inferno" è forse il più audace, poiché si addentra profondamente in quella terra al di là di Beckett da cui ben pochi sono tornati a narrare - e raggiunge così punte acuminate di comicità e angosciosità che si alternano con equamine ritmo e talora persino coincidono.
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