Donoso Cortés. Interpretato in una prospettiva paneuropea
Pochi uomini ebbero la capacità di comprendere il significato dei moti che percorsero l'Europa del 1848. E pochissimi seppero vedere in quale immenso mare di sangue sarebbero sfociate, nel nuovo secolo, tutte le correnti rivoluzionarie, socialiste, anarchiche, comuniste, nazionaliste e atee che allora vennero soffocate. Fra questi ultimi va certamente annoverato lo spagnolo Donoso Cortes. Consigliere della regina Isabella II e ambasciatore a Berlino e a Parigi, morto nel 1853 a poco più di quarant'anni, Cortes univa in sé le doti di un "consumato diplomatico di professione" e la tempra del "profeta escatologico", che sapeva trasmettere una visione disperata della storia con pennellate degne di Goya. Nel contempo, la capacità di dare una interpretazione perfettamente lucida degli eventi cui assisteva gli consentì di percepire come nessun altro il senso autentico dell'enorme opera di rimozione che l'Europa stava mettendo in atto negli ultimi decenni del 19° secolo, contrassegnati dalla prosperità economica e dal progresso tecnico.Dopo la sua morte, "l'odio terribile, spesso satanico" dei nemici lo condannò all'oblio. Settanta anni più tardi, quando la maschera dell'ottimismo positivistico era ormai definitivamente caduta, fu Carl Schmitt a cogliere, con mirabile empatia teorica e storico-politica, il significato delle previsioni che Donoso Cortes aveva formulato nell'isolamento più profondo - e a trovare in lui, come già in Thomas Hobbes, un grande ispiratore del proprio pensiero politico.(A cura di Petra Dal Santo).
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