L'antidoto della malinconia
Siamo alla fine del Seicento, secolo avventuroso e abbagliante, nonché intriso di umor nero - quella 'malinconia' che nutre sia i geni sia i suicidi. Gioseffo, erudito eccentrico, persegue il fantasma di un'opera intitolata "L'antidoto della malinconia" e stila lunghe lettere a un cardinale (immagine di ogni potente) che dovrebbe benevolmente proteggerlo. La usa figlioccia, l'aristocratica Matilde, si incapriccia di un giovane sgradito alla sua famiglia e precipita nel mal d'amore. I destini di questi due malinconici sono intrecciati - e accumunati dall'indifferenza con cui il mondo li guarda, al pari dei potenti che "non vedono e non sentonpo". Intorno, una realtà fosca, intessuta di presagi. A Carnevale, in un tetro palazzo, ha luogo una computa e grottesca seduta dell'Accademia dei Pennuti. Un mostro bicefalo viene esibito nella bottega di un barbiere. Un immane sciame di farfalle compare sulla facciata della cattedrale, lasciando dietro di sé una pozza di sangue.Con il suo tocco sicuro e preciso, Meldini è riuscito a fare della malinconia sostanza di romanzo. Ed è una specifica malinconia da 'fine secolo'. Che si tratti del Seicento o del nostro non fa grande differenza.
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