La tomba inquieta. Un ciclo di parole
Cyril Connolly fu critico letterario temuto e ammirato, nonché animatore di una leggendaria rivista, "Horizon". Ma dietro il suo umore sarcastico e insofferente si celava uno scrittore clandestino, a cui Connolly permise una sola ma memorabile sortita, sotto lo pseudonimo di Palinuro. Scritto a Londra in tempi di angoscia, durante la guerra, "La tomba inquieta" è innanzitutto la mirabile mappa della sensibilità di un "egotista moderno" (V.S. Princhett), un libro denso di timbri e risonanze composto sulla base di tre taccuini in cui "sonnecchiava una forma d'arte - un'iniziazione, una discesa agli inferi, una purificazione e una cura". Ed è anche, ovviamente, un autoritratto segreto, uno di quei testi dove si addensano i veleni e le gocce amare dell'esperienza, come nei "Mes Poisons" di Saint-Beuve. Ciò che attira irresistibilmente Connolly (e i suoi lettori) verso la figura di Palinuro, l'infelice nocchiero di Enea i cui Mani devono essere placati, è "quel nocciolo di malinconia e di senso di colpa che dal di dentro ci distrugge". Difficile sfuggire al fascino sottile di queste pagine - impossibile per chi sia roso dal vizio della letteratura.
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