Dalle parti degli infedeli
Era condizione profonda e ben fondata di Sciascia che fra i caratteri peculiari della sua terra ci fosse una certa "refrattarietà dei siciliani alla religione cristiana", paradossalmente confermata dalle forme di culto religioso. Tesi non popolare perché duramente vera. E capitò a Sciascia di imbattersi, per quella "casualità" in cui alla fine riconosciamo "il solo ordine possibile", in una vicenda - realmente accaduta a un vescovo - che sembrava riproporre in una sequenza di eventi qualcosa di molto affine al giro di pensieri che l'autore era andato a lungo maturando. Si trattava della storia di monsignor Ficarra, vescovo di Patti, che finì in contrasto col Vaticano per la sua scarsa malleabilità politica e anche per l'audacia di certe sue tesi sulla religiosità (e irreligiosità) siciliana. Come sempre in Sciascia, una storia realmente accaduta viene attraversata da una luce che permette di riconoscere con nettezza il dettaglio significativo e trasforma il tutto in un apologo, per dirci sulla Sicilia - e sulle sue oscurità - qualcosa che invano cercheremmo altrove.
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