Un uomo allo zoo
Due innamorati, John e Josephine, litigano passeggiando in un giardino zoologico. "Dovresti essere rinchiuso nello Zoo. Qui dentro la collezione è incompleta senza di te" dice la ragazza. E John prende al volo l'occasione. Previo regolare contratto, esporrà se stesso, primo essere umano in tutta la storia dei giardini zoologici, nella casa delle Scimmie, dalla quale conta di non uscire più. D'altra parte, come fa osservare nella sua domanda alla direzione dello Zoo, "escludere l'uomo da una collezione della fauna terrestre equivale a recitare l'"Amleto" senza il principe di danimarca". Immediato il successo di pubblico. Tutti fanno la fila per vedere il giovane scozzese dietro la rete, seduto su una poltrona, che legge "Il ramo d'oro" di Frazer e il "Wilhelm Meister" di Goethe e talvolta si svaga giocando con un delizioso caracal. Lieve come una fiaba, brillante come una pochade, sinistro come una parabola swiftiana, questo breve romanzo sembra aver catturato la quintessenza dello spirito di Bloomsbury, e soprattutto quel desiderio, comune a Garnett e ai suoi amici degli anni Venti, di scrollarsi di dosso la zavorra dei costumi sociali e respirare liberamente - magari anche, con paradossale consequenzialità, nella gabbia di uno zoo.
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