Dialogo teologico
Sgalambro definisce questo scritto "una piccola macchina che smonta il concetto di Dio sino al suo scheletro". Diviso in due parti - la prima di soliloquio, inteso come "via regia alla filosofia", e qui dedicato a un insolente e vigoroso autoritratto speculativo, che poi si diparte in "falso dialogo" -, questo breve testo sembra uscire dalle pieghe più nascoste della teologia medievale, là dove l'ossessiva attenzione a quella "massa d'essere" che è chiamata Dio aveva fatto crescere le piante avvelenate dell'avversione e della diffidenza: in breve, aveva allevato l'empietà all'ombra della scienza di Dio. Sgalambro rovescia brutalmente alla luce questo remoto e tenebroso passato con un gesto quanto mai moderno, possibile soltanto a partire da Schopenauer - e che colpisce ben più a fondo le molli filosofie secolari oggi diffuse per il mondo che non l'aspra e antica saggezza teologica. "Ma uomo giusto è chi sa questo: che egli deve 'annullare' Dio quotidianamente affinché la misura dell'eterna giustizia quotidianamente si compia".
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