Achille innamorato (Gradus ad Parnassum)
"Un giorno del 1937, a Parigi," racconta Savinio "André Breton mi diede lettura di una pagina scritta da lui, nella quale è detto che...a capo di quella forma d'arte che di poi prese nome di surrealismo, c'è mio fratello Giorgio de Chirico e ci sono io". Affermazione lusinghiera, che Savinio sente però il bisogno di commentare in modo significativo: "il (mio) surrealismo, come molti miei scritti e molte mie pitture stanno a testimoniare, non si contenta di rappresentare l'informe e di esprimere l'incosciente, ma vuole dare forma all'informe e coscienza all'incosciente". Esempio felice di questa "volontà formativa" sono i racconti di "Achille innamorato", apparsi per la prima volta nel 1938, nei quali il gusto dell'autore per le associazioni folgoranti, le deformazioni oniriche e le scenografie mitologiche è saldamente sorretto dalla da una scrittura di straordinaria qualità inventiva, da una lingua al tempo stesso duttile e profonda, precisa e sorprendente. Indimenticabili - oltre al gargantuesco Achille che, al ricordo dell'amata Ifigenia, spacca in un singhiozzo la montagna nella quale è imprigionato, e con le sue lacrime inonda città e campagne - saranno così l'incontro al Polo Nord con gli déi immortali, quello con Nerone nei panni di un insopportabile gigione catarroso, e il funerale marino della bambola assassinata; ma anche l'improbabile storia d'amore fra la statua dell'ingegnere e il naufrago commendatore De Magistris, e l'addio ad Apolinaire che parte per la guerra con l'ardimento di un eroe antico, nonché certi bozzetti di irresistibile comicità "surreal-borghese", come il fiero suicidio del vecchio pianoforte a coda della figlia del cavalier Putignani. Maestro del grottesco e dell'inquietudine, capace insieme di ironia e di sommessa pietà, Savinio riesce, ancora una volta, a farci partecipi di quel "felice stupore" che, in lui stesso prima che nel lettore, sanno suscitare queste figure che sembrano venirgli incontro "come da un altro mondo".
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