Dico a te, Clio
I lettori di Capri già sanno quale delizioso viaggiatore sia Savinio, capace di far vivere i luoghi con pochi tocchi distratti - e insieme pronto a lanciarsi in divagazioni imprevedibili, a partire da qualsiasi pretesto. Così è anche in questo libro del 1939, che egli stesso assimilò a un giardino, "per la chiarezza, la leggerezza, l'amenità che mi sono conquistate nell'età matura". Qui Savinio vaga fra gli Abruzzi e la terra degli Etruschi, tra Cerveteri e Tarquinia. L'ironia ci si fa incontro a ogni passo. Ma c'è anche una sonorità melanconica, meditativa, in queste pagine, che sono rivolte al "fantasma della storia: il grande buco, il vuoto che assorbe via via le azioni che sfuggono alla storia, e le annienta". Combinazioni di timbri, questa - fra l'ironico e il melanconico -, che sembra corrispondere al fondo del fondo di Savinio stesso.
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