La pazienza dell'arrostito. Giornali e ricordi (1983-87)
Ancora una volta, e come fosse per la prima volta, seguiamo Ceronetti nella sua perenne irrequietezza. Ma ormai i vagabondaggi nello spazio e nella mente si sono amalgamati. E anche "'Il mondo si va unificando'... Sì, ma 'nel' male e 'in vista del' male". Viaggiare è ormai un'attività da "collezionista di ripugnanze". Oggi i roghi di invisibili inquisitori "ci arrostiscono con tacita, misteriosa lentezza". E non rimane allora che esercitare la pazienza, rivaleggiando vanamente con la "pazienza del tempo", che sa offrirci, in una piccola chiesa sperduta, "fiori di plastica in tuniche di polvere". Mentre è sempre un segnale di vitalità il guizzo del comico: basta allora che Ceronetti elenchi i regali ricevuti nel corso degli anni, o anche gli animali che si vedono sempre meno (anche le zanzare sono in diminuzione...).Così appare una nuova forma: una sorta di monologo interiore-esteriore, dove prende nota delle scritte sui muri, dei nomi sulle lapidi e dei prezzi ai ristoranti, mentre continuano a ripresentarsi altri fantasmi: Georgine, un versetto dei profeti, Goya, un libro appena letto, la guerra civile spagnola, Velasquez. Questa forma, in cui Ceronetti ci invita a leggerlo, la forma di questo libro, che forse è il suo più intimo, e perciò anche il più esposto, corrisponde a quella in cui egli stesso ne legge ogni altro: "Il frammento che si accende all'improvviso come un Intero accessibile e concentrato, e che sommandosi con altri, prossimi e lontani, del medesimo testo crea l'immagine di una nuova, screpolata Totalità testuale: non ho, coi più importanti autori a me noti, altra relazione che questa. La storia del pensiero, come l'altra, è storia di amputazione e di amputati: l'Intero e il Tutto si adunano e brillano nel moncone, come tutta quanta la Legione si riconosce nella mano di legno del capitano Danjou".
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