Ogni riga di Karl Kraus produce una sorta di oscillazione, un senso di contraccolpo, di vertigine, che dà quasi la nausea. Come se non fosse costruita secondo la classica architettura semantica e sintattica, per cui la sequenza dei vocaboli costruisce una progressione di senso: si deve sempre tornare indietro, ricominciare daccapo. Chi volesse fare bella figura potrebbe citare qui un passaggio hegeliano, quel paragrafo 60 della Fenomenologia dello Spirito in cui si parla...
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