Anatol
Anatol, la voce che parla in questo libro, è una mente che si racconta. Non accumula episodi. Disegna i tratti sghembi di un personaggio che ormai "un numero incredibilmente piccolo di individui" conosce: il filosofo. Come apparirà? "Pacifico, con l'aria di un conciapelli in vacanza... eppure i segreti del mondo passano per le sue mani". Subito l'aria trema di un sarcasmo violento. Questo filosofo è quanto di meno conciliante possiamo immaginare. Con lui torniamo a sentire "quel che di cupo e fatale c'è in fondo a ogni idea". Quale funzione si attribuisce? Riscrivere "Il mondo come volontà e rappresentazione" di Schopenhauer, "senza cambiarne una riga", con un solo corollario: che il mondo è rappresentazione di una rappresentazione. "Riteneva che era più esaltante ridire che inventare". Però, se vogliamo sentire qualcosa che ci fa sussultare per la sua novità, a proposito di parole abusate o impossibili come 'tecnica' o 'bello' o 'bene', apriamo le pagine di questo libro... E ricordiamo: "La filosofia genera mostri e non 'toilettes de circonstance".
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