La leggenda del figlio del Re Horkham
Il padre del Buddha aveva voluto proteggere il figlio dal contatto con i mali della vita, e perciò gli mostrò per anni solo un mondo di delizie. Re Horkham escogita un esperimento inverso: preoccupato al pensiero che il figlio cresca nella ingannevole sicurezza del potere e dell'oro, decide di esporlo agli incerti della fortuna, perché conosca tutti gli aspetti della vita e conquisti la saggezza prima di essere chiamato, un giorno, a succedere al trono del padre. E' questa l'origine di un intreccio di destini che qui ci viene narrato come in un apocrifo racconto delle "Mille e una notte". Il figlio diventerà, senza saperlo, il più grande nemico del padre: lo Sceicco Verde, leggendario brigante che pretende di imporre la giustizia sulla terra. Il padre cederà il trono a colui che crede essere suo figlio, ed è invece figlio di un oscuro armaiolo. Qui ogni personaggio compie l'opposto di ciò che si proponeva di fare, ma è condannato a non accorgersene. Le figure si sdoppiano, gli equivoci si propagano. Il racconto procede, sobrio e netto, inscatolando una storia dietro l'altra, con la cadenza di un'antica leggenda. Ma vi sentiamo agire un veleno moderno: la vertigine del dubbio, la dissoluzione di ogni certezza, innanzitutto di ogni identità e del significato di ogni atto. Questo libro, che ci giunge davvero come un manoscritto nella bottiglia, a distanza di varie decine d'anni dalla sua stesura, è una favola, geometrica e misteriosa, sulla impari lotta fra volontà e destino. Nelle parole del saggio Bilmemne, che punteggiano il racconto: "Il Destino sembra spesso divertirsi a far sorgere il male là dove dovrebbe scaturire il bene, affinché l'uomo non concepisca una fiducia eccessiva nei propri giudizi e non creda all'infallibilità della propria ragione".
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