Architettura di vetro
L'"Architettura di vetro" è un sogno che apparve nel 1914 sotto forma di breve trattato architettonico, fissato in tutti i suoi particolari con una minuzia artigianale che esalta ancor più il carattere di inattingibile fantasmagoria del tutto. Queste pagine segnano la fine della civiltà dell'intérieur borghese, fatta di schermi tra un fuori e un dentro, pesanti tendaggi, ombre, nascondigli - e insieme celebrano il passaggio alla nuova "civiltà del vetro", materiale che, nelle parole di Walter Benjamin, cancella ogni "aura", è "il nemico del segreto" e impone la trasparenza. Ma nulla sarebbe più sviante che intendere questo testo di Scheerbart come manifesto di quella funzionalità aziendale, tra vetro e cemento, che da allora ha invaso il mondo ed è ormai senescente. Tutt'altra è la visione che ci trasmette "l'esperanto astrale" di Scheerbart: quella di un incontro erotico tra la natura e la tecnica, che riveste la terra intera di una patina di luce smaltata, da giardino orientale. "Cittadino onorario degli stati uniti della luna" (Ehrenstein), Scheerbart passò nella Germania guglielmina come un turista cosmico, un ibrido fra Jean Paul e Fourier, fra Jarry e Jules Verne. In lui, nelle sue narrazioni e divagazioni fantastiche, Walter Benjamin e qualche altro appassionato lettore riconobbero subito un irridente, candido visionario, che con "serenità dolcemente stupita" mette a confronto la realtà terrestre con le "strane leggi naturali degli altri mondi", fra le quali si trova tanto più a suo agio, e così aiuta anche noi a guardare il nostro pianeta "sotto altra luce".