Not economy. Economia digitale e paradossi della proprietà intellettuale
Milioni di consumatori che scambiano file musicali attraverso Internet trasformati in "criminali", guerre commerciali fra imprese che degenerano in crociate ideologiche, come quella che agita l'industria del software e vede schierate su fronti opposti Microsoft - nel ruolo di rappresentante del software proprietario - e Ibm - nel ruolo di campione del software open source. I conflitti sulla proprietà intellettuale negli ultimi anni - in concomitanza con la crisi che ha colpito la net economy - hanno raggiunto inedita intensità, mettendo in discussione il significato stesso di parole come liberismo e protezionismo. Così, mentre il movimento No Global denuncia i danni provocati dal neoliberismo, a un'analisi più attenta appare evidente come molti di quei danni derivino, al contrario, da politiche neoprotezioniste che tutelano gli interessi dei monopoli attraverso leggi sempre più rigide in tema di brevetti e copyright. Del resto, visto che il miraggio di una rivoluzione digitale che prometteva di regalare ricchezza a tutti è svanito, assieme ai miliardi bruciati da una net economy che si è rivelata una "not economy", era inevitabile aspettarsi una rivincita di quella "vecchia economia" che da sempre sfrutta il monopolio. Ma è davvero inevitabile che il fallimento dell'utopia digitale si risolva in un ritorno al passato?. Il libro solleva la questione e intorno all'interrogativo pone a confronto operatori culturali e dei settori industriali coinvolti. Accanto alle loro voci, accoglie contributi di Angelo Raffele Meo, Luigi Mansani e Guido Guerzoni, autorevoli studiosi che affrontano il tema da punti di vista diversi e spesso contrastanti