L' inferno sulla vetta
Partendo da una vicenda tragica, Paolo Mazzarello ripercorre un tratto di storia dell'Università di Pavia, che grazie ai contributi di Spallanzani, Volta e Golgi acquisisce prestigio internazionale. «La via sembrava far ben sperare. Ma di colpo il peggiore incubo si materializzò alla vista dell'angosciato Filippo, l'unico in quel momento dotato di piena lucidità. Il tragitto era tagliato da un terribile salto verticale di roccia di una trentina di metri.» Raffaello (Jello) Zoja, ventisette anni, e suo fratello Alfonso, di otto anni più giovane, sono i figli del famoso anatomista Giovanni Zoja, che ha aiutato Cesare Lombroso a sviluppare le sue indagini di antropologia criminale. Nell'ateneo di Pavia, dove insegna il padre, i due sono avviati a promettenti carriere universitarie. La notte fra il 24 e il 25 settembre 1896 intraprendono la scalata del monte Gridone, nei pressi del Lago Maggiore, in compagnia dell'alpinista Filippo De Filippi. Tutto bene fin verso mezzogiorno, quando il tempo cambia bruscamente e si scatena una tormenta di neve che costringe i tre a rientrare. Ma i due fratelli non torneranno a casa. Partendo da questa vicenda tragica, Mazzarello ripercorre un tratto di storia dell'Università di Pavia che grazie ai contributi di Spallanzani, Volta e Golgi acquisisce prestigio internazionale e ci restituisce un quadro dell'ambiente accademico, attraversato nel corso dell'Ottocento da animate discussioni sulle grandi questioni del tempo (il darwinismo, l'anticlericalismo, il positivismo, il socialismo...). In questo contesto i due fratelli Zoja si muovono da protagonisti, finché il destino all'improvviso non rimescola quelle carte di cui la filosofia del tempo credeva di aver svelato tutti i trucchi.
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