Socrate
Jan Patocka (1907-1977), allievo di Edmund Husserl e considerato il più importante filosofo ceco del Novecento, ha mediato la fenomenologia appresa dal maestro con la tradizione classica del socratismo e del platonismo, elaborando un pensiero originale. La sua idea di "vivere nella verità", pur nella problematicità, lo ha condotto a schierarsi durante gli anni oscuri del regime comunista cecoslovacco a favore degli uomini ingiustamente perseguitati, e a essere il primo firmatario di "Charta 77", il vivace documento di protesta in difesa dei diritti umani. Per questa ragione fu arrestato e condotto alla morte durante un violento interrogatorio da parte della milizia di stato. Non a caso è stato definito il "Socrate di Praga". Il suo studio su Socrate, risalente al 1947 e tradotto per la prima volta in una lingua occidentale, è quindi assai significativo per comprendere 1e radici teoriche del suo operato. Il conflitto di Socrate con l'Atene del tempo, per Patocka, diviene il modello di un conflitto fondamentale eterno. L'idea socratica del non-sapere assume per lui il significato di una presa di coscienza della finitezza dell'uomo, che è fonte di umiltà intellettuale; in questo modo, la problematicità diventa anche il primo passo per 1a "cura dell'anima", vale a dire per un'esistenza umana in prossimità e in vista del bene. Secondo Patocka, la cura dell'anima costituisce altresì la base spirituale sulla quale l'Europa è nata e si è sviluppata, e in base alla quale potrebbe anche rigenerarsi in futuro. Il testo è stato curato da Giuseppe Girgenti e Martin Cajthami, che insieme hanno già tradotto di Patocka Plotone e L'Europa (Vita e Pensiero, 1997). Il testo ceco riprodotto a fronte è tratto dalla seguente edizione: Sókratés, Praga 1947, seconda edizione a cura di T. Chvatfk e P. Kouba, Praga (SPN) 1991.
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