Pietro il Grande
In una Russia politicamente e culturalmente isolata, fece le prime esperienze culturali fra i commercianti, insegnanti, medici e artigiani tedeschi, inglesi e olandesi concentrati nella 'nemeckaja sloboda', la colonia 'tedesca' di Mosca, a contatto della quale sviluppò la curiosità che lo spinse a viaggiare all'estero in incognito (ma dovette essere difficile mantenere l'anonimato per una persona alta più di due metri e con un seguito di duecentocinquanta persone), lavorando come apprendista carpentiere presso La Compagnia olandese delle Indie, visitando arsenali, scuole, officine, studiando in Inghilterra la tecnica delle costruzioni navali. Al suo ritorno portò con sé le arti dell'Europa e l'ostinata volontà di superare l'arretratezza del suo paese e dargli un volto moderno, sostituendo con i 'lumi' dell'Occidente tradizioni e abitudini vecchie di secoli. Così, cambiò la moda, le leggi, l'esercito, si impegnò a fare della Russia il centro del traffico commerciale dell'Europa e dell'Asia, sul modello delle nazioni europee più progredite mutò in monarchia assoluta uno stato teocratico ortodosso. Fu lungimirante, determinato, geniale. Da solo, riuscì a trasformare il più grande impero del mondo. Fra le sue virtù non annoverò però la più importante: l'umanità. Brutale nei piaceri, feroce nei costumi, barbaro nelle vendette, "civilizzò i suoi popoli, ed era selvaggio". Figura affascinante e terribile, lo zar Pietro il Grande emerge a tutto tondo dalla penna sapiente di Henry Troyat che, attraverso il ritratto di questo protagonista straordinario, documenta anche uno dei momenti più rilevanti della storia russa del XVIII secolo.
Momentaneamente non ordinabile