Suso a Lele. Lettere (dicembre 1945-marzo 1947)

Suso a Lele. Lettere (dicembre 1945-marzo 1947)

Verso la fine del 1945 a Lele d'Amico fu diagnosticata una grave forma di tubercolosi, e il giovane aspirante musicologo fu costretto al ricovero in una clinica svizzera, dove avrebbe trascorso sedici mesi. Sua moglie Suso rimase sola con due figli piccoli. Decisa a cavarsela da sola, si impegnò in lavoretti precari prima di trovare uno sbocco partecipando a delle sceneggiature cinematografiche, con un successo al quale lei stessa stentò a credere. Intanto seguiva la crescita e i progressi della prole, e cercava di tenere alto il morale del marito lontano. Gli scrisse tutti i giorni, lettere allegre e dettagliatissime in cui riscaldandolo col proprio affetto e con quello dei figli lo aggiornava sui suoi amici del mondo della musica (Rota, Casella, Petrassi, Previtali) e sulla cerchia degli intellettuali nell'orbita dei rispettivi genitori, Silvio d'Amico e Emilio Cecchi. Inoltre gli descriveva la propria nuova attività, che la metteva in contatto con tutta una schiera di brillanti cineasti vecchi e nuovi (Castellani, Zampa, Ponti, Soldati, Flaiano, cui presto sarebbero seguiti Visconti, Zavattini, De Sica). Ma soprattutto in questo diario a beneficio di un solo lettore c'è la cronaca del risveglio di una città come Roma, ferita ma proiettata con alacre entusiasmo verso il futuro; e dietro le spesso comiche circostanze della quotidianità (il pollo allevato in terrazza, il primo bagno dopo quindici giorni) sono le inquietudini di quell’anno fatidico, culminato col referendum tra repubblica e monarchia.
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