Corpi vili
"Corpi vili" è una storia piena di brio. Protagonisti, i cosiddetti "Bright Young Things", i giovani brillanti dell'upper class londinese, e anzi il titolo, da principio, doveva essere proprio quello. Naturalmente, le feste vi abbondano, lo champagne scorre copioso, e i protagonisti - oltre a inventare di continuo nomi originali per i loro party - parlano una lingua stravagante e sofisticata, veloce, informale. D'altro lato, gli effetti del crack del '29 non si erano ancora del tutto dispiegati nella vita quotidiana dei più, e Londra era nel pieno dell'euforia fra le due guerre. Anzi, si potrebbe dire che, se "Il grande Gatsby" di Fitzgerald fu il testo simbolo dell'età del jazz americana, "Corpi vili", con le sue inedite descrizioni di nightclub, party selvaggi e libertà sessuali, lo è stato di quella inglese. Spingendosi oltre, si potrebbe forse aggiungere che mentre Fitzgerald quell'età la immaginò, o meglio la sognò, Waugh non fece altro che fotografarla, ricorrendo a una lingua veloce e capricciosa, snob e insieme popolare, che rappresentò un'autentica innovazione. Prefazione di Mario Fortunato.
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