The master
"John Updike, recensendo l'edizione americana di questo romanzo, lo definì un'opera di finzione che segue fedelmente i fatti. Che sono poi quelli che riguardano il protagonista, lo scrittore Henry James, nel periodo forse più tormentato della sua vita, dal gennaio del 1895, che segna il fallimento della sua esperienza teatrale col fiasco del suo dramma Guy Domville, all'ottobre del 1899, quando l'arrivo del fratello malato riapre sopiti malesseri, presenti e passati. Anni traditori, secondo la definizione di Leon Edel, nella sua monumentale biografia, quando affiora la disperazione pacata per cui ogni riscatto che non attenga alla scrittura è precluso: l'esistenza si popola di ricordi e i ricordi fanno male, perché segnano per lui le morti, i timori, i tremori, i rifiuti, la paura di amare. Toibin segue con magistrale perizia i fantasmi del suo protetto: l'affiorare di una notte allusiva trascorsa, da ragazzo, con l'amico William Dean Howells, il suicidio "colposo" dell'amica Constance Fenimore Cooper, la morte dell'amata sorella Alice. Lo circonda di solitudine come di mondanità: gli amici che gli parlano del processo Wilde, le petulanti dame che vanno a fargli visita, i domestici che si ubriacano, mentre la vita continua a scorrrere via, o meglio si trasforma in letteratura; sono questi gli anni in cui scrive, tra l'altro, indimenticabili storie quali "Cosa sapeva Masie" e "Il giro di vite." (Piero Celli)