Quarantotto. Argomenti per un bilancio generazionale. Partecipazione, libertà, violenza, ambiguità
Varie connotazioni esprimono i caratteri di una generazione di cui questo libro propone una testimonianza, un percorso fatto di opinioni articolate nel tempo. Coloro che sono nati dopo la seconda guerra mondiale hanno preso infatti strade diverse. In partenza sono stati fortunati, per l'evidente buona sorte toccata a chi è nato dopo una guerra orribile. Che ha lacerato famiglie, distrutto città, impoverito popoli, immiserito l'umanita e sotterrato cinque milioni di ragazzi in armi. Chi è nato 'dopo' ha avuto più affetti, più diritti, più opportunità. Ma forse i più sono stati inconsapevoli dei doni ricevuti e disinteressati a tutelarli, salvo che in qualità di consumatori. Dunque un po' assenti. Alcuni, certo non pochi, sono stati invece coerenti, perché al contrario consapevoli dell'investimento fatto dalla storia su di loro e, in fondo, in battaglia per non tradire e per migliorare il paese e la società. Ardimentosi poi sono stati quelli che hanno interpretato, progettato, proposto. In un tempo (la seconda metà del XX secolo) segnato dalla rivoluzione tecnologica e da un nuovo rapporto tra diritti e bisogni. Ma ci sono state strade anche più drammatiche. Quelle della violenza. Da molti praticata, con danni provocati agli altri, perché, tra pentimenti veri e finti, persino al mito della rivoluzione è stata fatta violenza. E molti - a metà di tutte le strade - si sono rivelati ambigui, perché sono riusciti a cucire sul tricolore, al posto della vecchia e rimossa croce sabauda, il punto di domanda sui nodi irrisolti dell'Italia contemporanea. Nel 'caos calmo' di un anno particolare per i bilanci collettivi c è posto anche per un bilancio generazionale che riguarda ciò che quella generazione ha ricevuto e ciò che sta restituendo ai più giovani. Bilancio non fallimentare, ma controverso. C'è posto tra l'altro per capire perché gli ardimentosi si sono dichiarati sconfitti. O meglio perché vincenti e sconfitti, rispetto al senso che dovevano avere le cose, si sono scambiati le maglie. E perché i media hanno scelto di raccontare di preferenza le storie dei violenti e degli ambigui.
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