Capriole in salita
Una vita dura e violenta, quella che Pino Roveredo ci racconta in questo libro: la nascita da genitori sordomuti; il primo "giramento di testa per la prima sigaretta fumata"; un collegio da cui bisogna solo fuggire; l'alcolismo vissuto come ribellione all'insensata fatalità dell'esistenza; il manicomio, ultimo rifugio dei reietti ma anche ricettacolo di un dolore sordo e immedicabile che insegna a resistere a ogni costo; il carcere, universo a sé stante, più reale della realtà stessa per le crudezze che esibisce sfrontatamente, senza più alcuna censura morale o sociale. Ma poi, vento nuovo sullo sfondo di gesti e azioni ripetute sino allo sfinimento, il matrimonio con Luciana, la donna dal "meraviglioso abito di raso bianco", che è come una barriera fra due vite incompatibili: quella della lenta autodistruzione e quella della rinascita possibile, cercata con affanno da uno che un giorno, sull'orlo di una timida novità di vita, dovuta interamente a un atto di volontà, dice a se stesso: "Devo seguire la fretta del mio passo sicuro diventato ormai padrone della linea retta." Il racconto autobiografico di Roveredo è tutto qui: semplice e potente, come il suo stile ruvido e privo di fronzoli ma carico della necessità di una parola antica, da "narratore" di cose vere, che una volta lette non si scordano più. Perché sono vere come lui.
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