La pragmatica di Paul Grice. Intenzioni, significato, comunicazione
La filosofia del linguaggio di Paul Grice (1913-1988) ha dato un contributo fondamentale alla riflessione contemporanea su linguaggio, segni e comunicazione. Per comprendere quanto sia generale e scontato il riconoscimento del suo ruolo nel pensiero contemporaneo, basti ricordare che qualunque manuale o lavoro introduttivo sulla pragmatica menziona Grice, assieme a Wittgenstein, Austin e Searle, come uno dei padri di questa disciplina. Grice parte da una domanda antica quanto la storia della filosofia: cosa fa sì che un segno, linguistico e non, significhi qualcosa? E risponde a questo interrogativo individuando nella comunicazione intenzionale fra due esseri umani il contesto di riferimento ideale per la sua teoria del significato. La "intention-based semantics" di Grice ha influenzato le teorie del significato di molti filosofi e linguisti contemporanei, fra cui Searle, Lewis, Schiffer, Bennett, Gazdar, Loar, Levinson. La sua teoria dell'implicatura conversazionale ha offerto una spiegazione generale e sistematica del modo in cui i parlanti possono comunicare indirettamente e implicitamente, possono alludere, insinuare, suggerire qualcosa di più, o comunque qualcosa di diverso da quello che letteralmente dicono. L'influenza della teoria dell'implicatura di Grice si ritrova oggi nei più svariati campi disciplinari e in tutte le aree di ricerca che studiano unità di significato più ampie dei singoli enunciati, mettendo in primo piano l'intersoggettività e il rapporto parlante-ascoltatore: dall'analisi della conversazione alla semiotica del testo, dall'etnometodologia all'analisi del discorso, dalla psicolinguistica alla sociolinguistica. In molti contesti, fare riferimento al celebre Principio di Cooperazione e alle Massime Conversazionali di Grice è ormai quasi un luogo comune. Questo libro può essere letto come introduzione alla pragmatica di Paul Grice, come sua analisi critica e come orientamento agli studi che hanno raccolto la sua eredità.