Venire, a Venezia
Dodici case parlano a un intervistatore americano, giunto in laguna per girarvi un corto sul problema dell'acqua alta. Negli States sono infatti convinti che la Serenissima sia destinata a sparire in qualche prossima catastrofe. Dodici case raccontano così segreti, aprono finestre a far luce sui cadaveri negli armadi, emettono sussurri e grida a patto che le interviste circolino solo al di là dell'Oceano. In una parola, dodici bizzarri personaggi, dodici veneziani eccentrici, ovvero i proprietari degli appartamenti, situati in un ideale percorso, dalla Stazione al Lido e alla campagna, liberano ossessioni e desideri malsani in una sorta di confessione pubblica dei peccati, o di analisi gratuita. Domus, home, Heimat, maison, ovvero spazio privato, appendice del proprio corpo, sesto senso in cui si rifugia la paura di vivere nel mondo della persona. In più, tra gli intervistati si intrecciano relazioni triangolari, versioni opposte di medesimi fatti, prospettive incrociate e contrapposte di storie d'amore, di pulsioni attive e passive. Questo è insomma "Venire, a Venezia", dove la virgola è indispensabile quale cifra urbanistica-turistica e insieme quale allusione alla sessualità privata. Nota introduttiva di Laura Curino.