Che cosa sapeva Maisie
In un saggio del 1884 Henry James scriveva che la coscienza morale di una bambina gli sembrava riservare sorprese quanto l'esplorazione di terre sconosciute e mari avventurosi. Tredici anni dopo, con "Che cosa sapeva Maisie" avrebbe dato a quell'idea uno svolgimento di mirabile forza intuitiva. Il romanzo s'incardina su una ragazzina sballottata da un genitore all'altro in seguito al loro divorzio; centro strutturale del racconto, Maisie è altresì il punto di vista circoscritto da cui James sceglie di esporre la vicenda. Il passare dei genitori a seconde nozze; il progressivo distaccarsi da loro dei rispettivi partner per convergere in un'equivoca unione grazie o col pretesto dell'interesse per Maisie; il conseguente avviarsi dei genitori all'incontro con nuovi compagni: sgranandosi come una successione ritmata di scene, la narrazione dei fatti procede a un tempo con l'incerta, vibratile percezione che ne ha Maisie. Testimone inconsapevole e tramite diretto o indiretto degli avvenimenti, essa deve scoprirne il senso a tentoni, e in questo arduo processo di apprezzamento, di acquisizione di consapevolezza, è la vera scansione drammatica del romanzo. Magistrale quanto inedito tentativo di rappresentare, dalla parte di una bambina, le rotture e riaggregazioni del rapporto di coppia, "Che cosa sapeva Maisie" lascia nell'ambiguità l'esito del confronto tra innocenza infantile e corruzione degli adulti. Eppure, oltre quest'ambiguità, Maisie pare infine trionfare. A salvarla, a renderla tenera e indimenticabile in quella sua dignità indifesa, è il suo continuo porsi e porre domande, la sua sete di meraviglia e di sapere.