Il canone occidentale. I libri e le scuole dell'età
Con ognuno dei suoi molti libri, Harold Bloom, massimo teorico e critico letterario anglosassone, ha suscitato polemiche e clamori. Tanto più lo ha fatto e lo farà con questo suo "Canone occidentale", personale ma convincente classifica degli scrittori: dell'Occidente, appunto, e tuttavia di valenza universale. Al centro di questa sua "rosa mistica" Bloom colloca, infatti, quello che ritiene il supremo autore di ogni tempo e luogo, William Shakespeare, ponendogli immediatamente vicino Dante Alighieri. Tutti i creatori, sostiene, hanno dovuto impegnarsi in un "agone" con il "centro del Canone". Perché sono stati tutti "plagiari" in potenza, assillati dall'"ansia dell'influenza", per sottrarsi alla quale, affrancandosi dai predecessori e tentando di superarli, hanno dovuto a volte ricorrere a strazianti rimozioni, come fece Freud nei confronti di Shakespeare. Il "canone" di Bloom è destinato a imporsi e durare? Le grandi epoche, anzi vichiani "ricorsi" in cui si articola, culminano oggi in un'era caotica nella quale Bloom legge il preannuncio dell'apocalittico "ricorso" di una nuova era teocratica con la censoria messa in mora dell'estetico in nome del 'politically correct', espressione del "risentimento" verso l'assoluta, anarchica, intollerabile libertà della scrittura.
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