Le sgualdrine impenitenti
La storia del mondo antico è, essenzialmente, storia di uomini. In genere essi vengono presentati dagli scrittori greci e romani come personaggi eccezionali, sia nel bene che nel male: come eroi ovvero come tiranni, a volte come entrambe le cose insieme. Del tutto accessoria e complementare è la presenza, accanto ad essi, di figure femminili notevoli: madri (come Cornelia), figlie o consorti (come Porcia, figlia di Catone e sposa di Giunio Bruto). Eppure, l'antichità classica conosce anche una tipologia femminile profondamente diversa, trasgressiva e a volte destabilizzante, tuttavia non meno significativa dal punto di vista storico. In Grecia, dove le donne di buona famiglia erano escluse dalla vita pubblica, erano le cortigiane di lusso (le cosiddette "etère") a conquistarsi posizioni di primo piano nelle relazioni sociali e a favorire, con la propria cultura e intelligenza, l'ascesa politica dei loro amanti. A Roma, dove un diritto più pragmatico e "flessibile" offriva alle donne ben altri poteri, sono proprio le matrone di nobile nascita a rifiutare le ingombranti pastoie della morale avita e a ricercare esperienze stimolanti fuori del focolare domestico. Un simile comportamento ha però un prezzo da pagare: alcune verranno pubblicamente rovinate da una accusa di adulterio, altre andranno incontro alla infamante taccia di "meretrici". Per la mentalità dei Romani tradizionalisti, infatti, ogni donna che appaia determinata a rivendicare la propria indipendenza non è altro - per dirla con Cicerone - che una "sgualdrina impenitente".