Comicità di Kafka. Un'interpretazione sulle tracce del pensiero freudiano
La chiave freudiana di cui si vale questa interpretazione di Kafka non vuole rifarsi a sofisticate versioni recenti della psicoanalisi, ma solo utilizzare in modo compiuto i testi del suo fondatore. Così, in contrasto con i tentativi di Deleuze e Guattari, viene ristabilito il tema centrale del conflitto edipico; anche se l'adesione di Kafka al ruolo di figlio represso e castrato dal padre viene interpretata in chiave di finzione, di mossa tattica, per gettare scompiglio nel campo avverso degli autori. Ai manichini ossequienti al principio di autorità, schiacciati dal Super-ego, costituiti dai vari protagonisti dei romanzi (come Karl Rossmann o Josef K.), fa da contrappeso uno scatenamento dell'Es, della libido, che interviene sui meccanismi autoritari come uno Zorro vendicatore. Ma quello che scaturisce da questo contrasto è soprattutto il senso della comicità; una comicità che, come ci insegna Freud, nasce quando le forze del basso entrano in cortocircuito con le imposizioni del potere, del sistema, consentendoci per un attimo di aggirarne le varie censure e rimozioni. E' questa una strada che Kafka percorre per intero, fino a sviluppare la rivolta più ampia e più organica del lavoro onirico, da cui scaturisce quel clima di sogno e di incubo che si identifica comunemente nella sua narrativa. Eppure Kafka è inventore non solo di ossessioni ma anche di effetti comici; non a caso gli è coeva la stagione migliore del cinema muto, le cui gags assumono sovente aspetti concorrenziali. E non a caso la lettura offerte dalla letteratura contemporanea, smentendo chi vorrebbe in lui soltanto lo specchio dei traumi, delle sconfitte e delle angosce del mondo d'oggi. Attraverso un percorso magari tortuoso ma sempre punteggiato da improvvise invenzioni, Kafka ci insegna a far zampillare le risorse dell'Es dalle catene repressive dell'Ego.
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