Il vessillo britannico
Un lungo monologo balbettato, tentato, gridato; un piccolo 'giallo' che diventa protesta universale; un verbale rabbioso e accorato contro i soprusi: in breve questi sono i tre sorprendenti racconti dello scrittore ungherese Imre Kertész, Premio Nobel per la letteratura nell'anno 2002. Chi conosce i suoi libri sa che si tratta di una delle voci più autentiche, più efficaci della narrativa odierna. Se in "EsserE senza destino" Kertész narrava con libertà e lucidità rare la vicenda di un adolescente e acuto osservatore, vittima e sopravvissuto dei campi di sterminio nazisti, in questi tre racconti l'autore dà voce alle sofferenze degli anni successivi svelando menzogne, viltà, schiavitù volontarie e un astuto, inappellabile, interminabile sopruso. Ma la sua letteratura è rivolta all'uomo, all'osservazione dell'individuo attonito ed esposto a tutto, disperatamente resistente a tutto ciò che è corrotto, marcio, dedito al male. Quella di Kertész è grande letteratura, da vari punti di vista: dei temi, dello stile, del linguaggio e dei meccanismi narrativi. Il suo scetticismo è un vero atto di fiducia nell'umanità. (Giorgio Pressburger)
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