Di là dal bene e dal male
"Al di là del bene e del male" (1886) dichiara già nel titolo e nel sottotitolo i suoi intenti. Secondo Nietzsche al "di qua" del bene e del male, infatti più o meno consapevolmente prigioniere della morale sono, per diverse che possano sembrare, tutte le dottrine filosofiche elaborate nel tempo. Il "pregiudizio" morale, che impone alla ragione un atto di fede, ne imbriglia la forza teoretica, così come l'imporsi della morale cristiana, che alimenta i cosiddetti "ideali popolari", ha impedito l'emergere degli esseri superiori, facendo diventare gli uomini una massa di pecore. Da qui, per l'avvenire, la necessità di una filosofia che formi gli spiriti liberi e ne consenta, in un regime autenticamente "aristocratico", dove cioè il potere è nelle mani dei migliori, l'azione costruttiva. La provocazione, con l'ambiguità che ne è conseguita nell'uso "storico" del pensiero di Nietzsche, tocca qui il suo vertice e per questo il filosofo, e prima ancora l'uomo, è, come egli stesso si definisce, assolutamente solo.
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