Un'infanzia africana

Un'infanzia africana

Quando Regina Redlich arriva in Kenya con i genitori ha solo cinque anni. È una bambina timida e insicura, abituata a una quotidianità di frasi sussurrate e di angosce represse, come quella di tante famiglie ebree nella Germania di Hitler. Nel 1938, dopo l'entrata in vigore delle leggi razziali, i Redlich decidono di emigrare e con l'aiuto della comunità ebraica di Nairobi si stabiliscono in una fattoria sperduta nell'entroterra dell'Africa Orientale, colonia britannica. Mentre una radio gracchiante trasmette notizie sempre più allarmanti dall'inferno tedesco, Walter e Jettel Redlich faticano a rassegnarsi all'esilio: lui rimpiange la carriera di avvocato, lei le comodità della vita borghese. La piccola Regina, invece, in Africa sembra sbocciare. Di fronte a una natura generosa e possente come il dio Mungo che la governa, la bambina si inebria della vastità degli spazi e di una libertà mai conosciuta. Impara con facilità la lingua di Owour, il gigante buono che lavora alla farm, si entusiasma per i riti e le leggende degli indigeni che accoglie con spontaneità nel suo immaginario infantile. L'isolamento non le fa paura, e neppure le lunghe ore di caldo soffocante, che trascorre tra le braccia della dolce 'aja' - la tata - all'ombra di un albero. I suoi compagni di gioco sono il cane Rummler e il cerbiatto Saura. Quando l'Inghilterra dichiara guerra a Hitler, per Regina è la fine dell'idillio. I tedeschi presenti nel paese sono bollati come 'enemy aliens' e trattati con sospetto, o persino con ostilità. Anche Regina impara a conoscere il significato dell'emarginazione quando comincia a frequentare una 'boarding school' i cui alunni sono in maggioranza inglesi. Ma la bambina ha un mondo immaginario in cui rifugiarsi e un'amica del cuore tedesca con cui si confida e studia tenacemente, in attesa delle sospirate vacanze che la riportano ogni volta alla farm. Nel racconto autobiografico dei suoi sette anni in Kenya, Stefanie Zweig intreccia la nostalgia di tanti emigrati per la patria perduta alla propria nostalgia per quell'infanzia africana che le ha lasciato un segno indelebile nella memoria. Attraverso la storia di Regina, prima bambina e poi ragazza, l'autrice rivive di quell'esperienza i profumi, i paesaggi, gli incontri, e intona un canto d'amore all'Africa.
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